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L’arachide e la giornata della Gastronomia Sostenibile

Il 21 dicembre 2016 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 18 giugno come osservanza internazionale, la Giornata della gastronomia sostenibile. Se da un lato la gastronomia è talvolta considerata “arte del cibo”, perché può anche riferirsi allo stile di cucina di una particolare regione, e dall’altro la sostenibilità è l’idea che un’attività umana sia fatta in modo da non sprecare le risorse naturali e possa continuare in futuro, senza arrecare danno all’ambiente o alla salute, la gastronomia sostenibile dà valore e significato a una cucina che tiene conto della provenienza e del modo in cui gli alimenti vengono coltivati, di come arrivano ai nostri mercati e, infine, ai nostri piatti.

 

Nel nostro Alfabeto per il Futuro c’è la “A” di “arachidi”

La Comunità Scientifica è sempre più concorde a considerare le arachidi una coltivazione che oggi può rappresentare una risposta ai cambiamenti climatici e alla tutela dell’ambiente, generando allo stesso tempo reddito. Originarie delle Americhe, nell’ultimo secolo le arachidi hanno rappresentato una coltura di sussistenza per le famiglie contadine, anche in Italia, come ricordano Davide e Marco De Munari, agricoltori friulani di San Vito Tagliamento: “Ai tempi della mezzadria, i “bagigi” (nome dialettale delle arachidi, nda) erano diffusi a livello famigliare, essendo un legume dell’elevato valore proteico, ideale per integrare gli scarsi pasti quotidiani”. Ma oggi le arachidi sono tra i protagonisti del nostro Alfabeto del futuro per l’elevato grado di sostenibilità della loro coltivazione. 

I frutti crescono sotto terra, non necessitano di grandi quantitativi d’acqua o innaffiature particolari, amano il caldo e hanno una stagione di sviluppo – la semina da maggio e la raccolta in ottobre – maggiormente gestibile. Inoltre, l’arachide è una coltivazione a rotazione azotofissatrice, che contribuisce conservare la naturale fertilità del suolo, senza l’impiego di fertilizzanti e l’ulteriore emissione di gas serra.

Coltivare l’arachide per rispondere alla crisi climatica

Tutti questi aspetti contribuiscono a rendere la coltivazione dell’arachide un’attività dall’impronta ecologica ridotta, pur garantendo ottimi raccolti; per questo, numerosi agricoltori italiani stanno intraprendendo questa coltivazione per diversificare la propria produzione agricola e aumentare la propria resilienza in questi tempi di crisi idrica e climatica. La coltivazione delle arachidi in Italia è ancora ridotta, ma sembra che il suo epicentro sia Mezzogoro, piccolo comune emiliano nel ferrarese, che sembra il più vocato a questa coltivazione, grazie ai terreni torbosi e al clima mite, tanto da ospitare a fine giugno la prima Sagra dell’Arachide e del Pop Corn!

L’arachidi e la Giornata della Gastronomia Sosnibile

Il 21 dicembre 2016 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 18 giugno come osservanza internazionale, la Giornata della gastronomia sostenibile. Se da un lato la gastronomia è talvolta considerata “arte del cibo”, perché può anche riferirsi allo stile di cucina di una particolare regione, e dall’altro la sostenibilità è l’idea che un’attività umana sia fatta in modo da non sprecare le risorse naturali e possa continuare in futuro, senza arrecare danno all’ambiente o alla salute, la gastronomia sostenibile dà valore e significato a una cucina che tiene conto della provenienza e del modo in cui gli alimenti vengono coltivati, di come arrivano ai nostri mercati e, infine, ai nostri piatti.

Nel nostro Alfabeto per il Futuro c’è la “A” di “arachidi”

La Comunità Scientifica è sempre più concorde a considerare le arachidi una coltivazione che oggi può rappresentare una risposta ai cambiamenti climatici e alla tutela dell’ambiente, generando allo stesso tempo reddito. Originarie delle Americhe, nell’ultimo secolo le arachidi hanno rappresentato una coltura di sussistenza per le famiglie contadine, anche in Italia, come ricordano Davide e Marco De Munari, agricoltori friulani di San Vito Tagliamento: “Ai tempi della mezzadria, i “bagigi” (nome dialettale delle arachidi, nda) erano diffusi a livello famigliare, essendo un legume dell’elevato valore proteico, ideale per integrare gli scarsi pasti quotidiani”. Ma oggi le arachidi sono tra i protagonisti del nostro Alfabeto del futuro per l’elevato grado di sostenibilità della loro coltivazione. I frutti crescono sotto terra, non necessitano di grandi quantitativi d’acqua o innaffiature particolari, amano il caldo e hanno una stagione di sviluppo – la semina da maggio e la raccolta in ottobre – maggiormente gestibile. Inoltre, l’arachide è una coltivazione a rotazione azotofissatrice, che contribuisce conservare la naturale fertilità del suolo, senza l’impiego di fertilizzanti e l’ulteriore emissione di gas serra.

Coltivare l’arachide per rispondere alla crisi climatica

Tutti questi aspetti contribuiscono a rendere la coltivazione dell’arachide un’attività dall’impronta ecologica ridotta, pur garantendo ottimi raccolti; per questo, numerosi agricoltori italiani stanno intraprendendo questa coltivazione per diversificare la propria produzione agricola e aumentare la propria resilienza in questi tempi di crisi idrica e climatica. La coltivazione delle arachidi in Italia è ancora ridotta, ma sembra che il suo epicentro sia Mezzogoro, piccolo comune emiliano nel ferrarese, che sembra il più vocato a questa coltivazione, grazie ai terreni torbosi e al clima mite, tanto da ospitare a fine giugno la prima Sagra dell’Arachide e del Pop Corn!

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